L’autrice del testo che vi propongo è una delle mie preferite, storica e studiosa di diritto romano e greco. Il libro parte da un’argomentazione assai frequente nel dibattito più o meno recente: la presunta crisi della famiglia (tradizionale) attribuita alla modernità. Spesso queste considerazioni sono accompagnate da una retorica di tipo nostalgica sulla superiorità e sulla rimpianta tranquillità familiare di epoca passata.
L’autrice esamina, attraverso i testi e riferimenti storici, quanto distanti dalle testimonianze dell’epoca siano alcune semplificazioni sulla storia della famiglia, ci racconta della patria potestas e di quanto fossero tutt’altro che idilliaci i rapporti familiari in epoca classica.
Un passaggio in particolare ha stimolato la mia riflessione facendomi balzare dalla Roma antica alla contemporaneità, quello in cui l’autrice delinea il profondo squilibrio nel rapporto padre-figlio a sfavore di quest’ultimo che si trovava nella condizione di perenne debito nei confronti del genitore: il solo fatto di essere stato messo al mondo, alimentava nel giovane il tentativo di essere all’altezza del dono ricevuto, cercando, ovviamente invano, di somigliare al pater familias.
E’ facile collegare quanto detto fin qui a situazioni osservate troppo spesso, nelle quali i bambini o gli adolescenti portano il peso delle aspettative familiari, il lacerante dubbio di non essere abbastanza e di non meritare l’amore degli adulti. Credo che nella maggior parte delle occasioni genitori, insegnanti, educatori siano mossi da ottime intenzioni, talvolta la fretta delle nostre vite non ci lascia il tempo di curare le parole che scegliamo, gli sguardi che neghiamo, talvolta si crede, in buona fede, di motivare o spronare i ragazzi nella direzione che sembra più semplice o maggiormente proficua, dimenticando che bambini e adolescenti hanno bisogno di una guida sicura negli adulti, per trovare da soli la strada che desiderano percorrere, la loro strada.